12/11/10

Matrimonio

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La scelta di celebrare il proprio matrimonio secondo il rito cattolico era, fino a qualche tempo fa, più una scelta obbligata, una convenzione da rispettare.
Oggi, in seguito al numero crescente di convivenze e di persone che si sposano con il rito del matrimonio civile, la scelta di celebrare il sacramento sembra più consapevole, più ragionata all’interno della coppia.
Se si sceglie il rito del matrimonio cattolico è prudente dare inizio alle pratiche e alla raccolta dei documenti necessari almeno 6 mesi prima della data voluta. Tale arco temporale potrebbe ulteriormente allungarsi nel caso in cui la chiesa scelta non sia la parrocchia di appartenenza di uno dei due futuri sposi, o in casi in cui siano necessarie dispense speciali.

Il corso prematrimoniale

La pratica matrimoniale inizia con la scelta della parrocchia presso la quale si seguirà il corso prematrimoniale, si farà il giuramento e verranno affisse le pubblicazioni religiose. Tale parrocchia potrà essere quella di lei, quella di lui o quella legata alla residenza dove i novelli sposi andranno ad abitare. Anche se poi ci si sposerà altrove, sarà il parroco di una di queste chiese a fare le pratiche.

Se si sceglie di sposarsi con rito del matrimonio cattolico, allora bisogna freqentare il corso prematrimoniale: un corso di preparazione al sacramento che dura circa due mesi, e consta di una decina di incontri tra coppie in procinto di sposarsi e il sacerdote della parrocchia scelta, con spesso interventi di educatori e di altre coppie della comunità già sposate. Oggi tali corsi tendono a non essere di carattere tecnico, fatti di ricette o istruzioni per l’uso, ma incentrati sul cercare di capire il significato del matrimonio, sul fare un cammino di coppia e di gruppo ponendosi domande che spesso non si ha il tempo di porsi, ad esempio sul senso della vita di una nuova famiglia.

Per molti il corso di preparazione al matrimonio è l'occasione per riallacciare un rapporto che si è interrotto dopo il catechismo giovanile, magari per gli impegni di studio o di lavoro: il corso prematrimoniale si trova quindi spesso a dover dare non solo il senso del matrimonio ma il senso dell'intera vita di fede, ad affrontare un catechismo adulto, diverso da quello lasciato da bambini nella preparazione della Comunione.

Tante coppie, inizialmente avvicinatesi al corso di preparazione al matrimonio con diffidenza, talvolta pronte solo a pagare il pedaggio di questi incontri che si è "obbligati a fare", oltre ai tanti altri impegni da sbrigare per preparare il matrimonio, si sono trovate a mutare atteggiamento a seguito di questi interventi che permettono di affrontare il matrimonio e l’altra persona in maniera più profonda.

Il giorno delle nozze è un annuncio al mondo da parte della coppia del loro amore e del loro impegno, e durante la celebrazione del rito gli sposi fanno questo annuncio.
Lo Stato italiano, in base all’art. 34 del Concordato dell’11 Febbraio 1929 con la Santa Sede, permette la convivenza di tre tipi di rito:

  • il rito del matrimonio civile, celebrato da un Ufficiale di Stato Civile
  • il rito del matrimonio cattolico, celebrato da un sacerdote che si occuperà anche di trascrivere l’atto nel registro di stato civile e che avrà quindi un duplice valore, sia di sacramento che di atto civile
  • il rito religioso non cattolico.

In quest’ultimo caso, un ministro di questo culto verrà autorizzato dall’ufficiale di Stato civile e nominato dal Ministero di Giustizia a celebrare tale rito che sarà comunque interamente regolato dal codice civile: la celebrazione sarà quindi a tutti gli effetti una variante del matrimonio civile.

Vi sono delle alternative a questi tipi di riti: una tra queste è il cosiddetto rito del “Matrimonio misto”, cioè il matrimonio contratto da una parte cattolica con una parte non cattolica, sia battezzata che non battezzata, normato nel 1970 dal Papa Paolo VI. Tale celebrazione avviene comunque in una Chiesa con un rito ufficiato da un sacerdote.

Un matrimonio civile può celebrarsi anche su un’aeromobile o nave che battono bandiera italiana, perché considerati parte del territorio nazionale, e celebrati dai relativi comandanti.
Nel caso in cui si voglia celebrare il rito del matrimonio all’estero, è necessario che l’atto sia trascritto nel registro dello stato civile italiano presso l’Ambasciata o il Consolato entro 5 giorni. Si sente infatti spesso parlare di matrimoni celebrati a Las Vegas o, oggi sempre più frequentemente, sulle candide spiagge delle Seychelles o delle Maldive. Nel caso infine in cui si voglia affrettare la burocrazia prematrimoniale per motivi speciali quali di salute o di gravidanza avanzata, si potranno richiedere i documenti con procedimento d’urgenza e dovranno comunque passare 12 giorni per le pubblicazioni e i ricorsi previsti.

La scelta del rito del matrimonio dovrà esser fatta in totale accordo all’interno della coppia, in maniera strettamente privata, senza intromissioni dall’esterno né da parte di amici né da parte di familiari. Il rito cattolico richiede una convinzione profonda ed una preparazione adeguata, nel rispetto di se stessi e del futuro coniuge: è completamente insensato prendere un sacramento per sola forma o per indossare un abito bianco con il velo! La Chiesa, d’altra parte, ha recentemente cambiato la formula del rito del matrimonio coinvolgendo maggiormente gli sposi e chiedendo loro l’assunzione di un reale impegno in prima persona. Oggi inoltre, nessuno storcerà più il naso di fronte ad un matrimonio civile o, nel caso di indecisione da parte di uno solo dei due futuri sposi, la religione cattolica prevede il matrimonio misto, che permetterà comunque all’altro di prendere il sacramento.

Indipendentemente dal rito scelto, lo Stato italiano impone alcune restrizioni per poter contrarre matrimonio.

In particolare i requisiti per sposarsi sono:

  • Avere almeno 18 anni o, con un’autorizzazione del Tribunale dei Minori, averne almeno 16;
  • L’attitudine fisica allo svolgimento della vita coniugale. Ciò significa assenza di malattie fisiche o mentali o deviazioni sessuali. Per tali cause il matrimonio può anche essere invalidato, se l’altra parte può dimostrare che non ne era a conoscenza;
  • La sanità mentale. Un interdetto per infermità di mente non può infatti contrarre matrimonio e l’incapacità di intendere e volere al momento di contrarlo è causa di annullamento;
  • La libertà di stato. Non devono cioè esserci vincoli da precedenti matrimoni;
  • La non appartenenza allo stesso sesso;
  • L’inesistenza di rapporti di parentela, affinità, adozione e affiliazione tra i contraenti il matrimonio. I figli adottivi sono parificati ai legittimi per quel che concerne gli impedimenti al matrimonio;
  • Non può contrarre matrimonio la coppia composta da due persone di cui una è stata condannata per l’omicidio o per il tentato omicidio del coniuge dell’altra;

Nel caso di lutto vedovile o di divorzio, la donna deve aspettare 300 giorni dalla cessazione del precedente matrimonio per evitare dubbi sulla paternità di eventuali figli. Questo termine non dovrà essere aspettato se:

  • Il precedente matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza di uno dei due coniugi;
  • Il precedente matrimonio non è stato consumato;
  • Sono trascorsi tre anni di effettiva separazione con il precedente coniuge.

Per quanto riguarda il rito del matrimonio cattolico, che si basa su valori quali l’indissolubilità, la procreazione e l’obbligo di educare i figli secondo la dottrina cattolica, si devono rispettare altri requisiti per sposarsi se non si vuole dar luogo alla illiceità dello stesso, quali la parentela legale o il voto religioso semplice o possono dar luogo alla sua invalidità, quali:

  • Età;
  • Impotenza;
  • Vincolo matrimoniale precedente;
  • Condizione di sacerdozio;
  • Consanguineità:
  • Rapimento o delitto.

In alcuni casi però, discutendo il problema con il proprio parroco, è possibile ottenere una dispensa ed accedere comunque al matrimonio religioso.

Documenti per il matrimonio cattolico: giuramento e pubblicazioni

Vediamo insieme quali sono i documenti necessari e la burocrazia prevista per il matrimonio cattolico.

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"Documenti per il matrimonio cattolico: giuramento e pubblicazioni"

Se si è scelto il rito del matrimonio cattolico la prassi prevede grossomodo due tipologie di documenti, quelli necessari al giuramento di matrimonio e quelli utili alle pubblicazioni.

Giuramento e promessa di matrimonio - Documenti necessari

Per il giuramento davanti al sacerdote, da fare circa novanta giorni prima dalla data del matrimonio, il rito matrimonio cattolico prevede che i futuri sposi prendano appuntamento con il sacerdote per la pratica matrimoniale e dovranno essere in possesso dei seguenti certificati in carta libera:

  • certificato di battesimo ad uso matrimonio da richiedere nella parrocchia dove si è stati battezzati;
  • certificato di cresima da richiedere nella parrocchia dove si è stati cresimati;
  • certificato contestuale ad uso matrimonio da richiedere in circoscrizione.

Pubblicazioni di matrimonio - Documenti necessari

Presentati questi documenti i futuri sposi, esaminati separatamente, procedono al giuramento davanti al parroco, a seguito del quale il sacerdote prepara le due pubblicazioni religiose (per la parrocchia del fidanzato e per la parrocchia della fidanzata) e dà alla coppia il Modello dieci (Modello X) per poter fare il giuramento e le pubblicazioni al Comune, che prevedono tutte le formalità del rito del matrimonio civile.

Quando saranno espletate tutte e tre le pubblicazioni (quelle ecclesiali dopo due domeniche, quelle al Comune dopo 30 giorni circa) i fidanzati consegneranno le tre pubblicazioni al sacerdote che consegnerà loro in busta chiusa tutta la pratica matrimoniale, che andrà portata al Vicariato per il nulla osta ecclesiastico nel caso in cui il matrimonio verrà celebrato con rito matrimonio religioso in una Chiesa diversa da quella cui appartengono entrambi gli sposi.
Al parroco della Chiesa prescelta dovrà essere consegnata tutta la documentazione autenticata dalla Curia, e questo rilascerà alla coppia il documento del “consenso religioso”, confermando così la data delle nozze.

Comunione o separazione dei beni

Comunione e separazione dei beni

Gli Articoli 143 e 147 del Codice Civile, che regolano il matrimonio civile, sanciscono gli oneri economici di entrambi i coniugi nei confronti della famiglia e dei figli. La legge consente agli sposi di scegliere tra due regimi patrimoniali quello che meglio permetta loro di adempire ai suddetti doveri: la comunione dei beni o la separazione dei beni.
Tale scelta potrà essere effettuata sia in sede di rito civile che di rito del matrimonio cattolico: al termine della cerimonia il sacerdote o l'ufficiale di stato civile annoterà tale decisione sull'atto di matrimonio. Se gli sposi non espliciteranno alcuna scelta, dal 20 settembre 1975 per legge il regime patrimoniale legale della famiglia sarà in automatico la comunione dei beni.
La scelta del regime patrimoniale potrà essere modificata con atto pubblico di fronte ad un notaio in qualsiasi momento della vita matrimoniale.

Cosa è la comunione dei beni

Scegliere come regime patrimoniale la comunione dei beni vuol dire che tutti i beni acquistati dopo le nozze sono di proprietà di entrambi i coniugi.
In particolare, si intende che saranno di proprietà comune:

  • Tutte le proprietà comprate dopo il matrimonio, anche se acquistate separatamente dai due coniugi. Si intende quindi case, terreni, negozi, automobili, fatta eccezione di beni personali;
  • I rendimenti dei beni propri di ciascun coniuge, ad esempio quelli bancari;
  • Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;
  • Gli utili e gli incrementi dell'azienda di proprietà di uno dei due precedentemente alle nozze, ma gestita da entrambi dopo il matrimonio;

Comunione e separazione dei beni

Saranno parte del patrimonio comune anche i debiti, sia quelli contratti congiuntamente dai coniugi che quelli contratti separatamente, nonché gli oneri che gravano sui singoli beni al momento dell'acquisto, ad esempio un'ipoteca sulla casa.
Rimarranno invece di proprietà esclusiva di ciascun coniuge:

  • I beni posseduti da prima delle nozze;
  • Eredità o donazioni, anche se avute dopo il matrimonio;
  • Beni personali e i loro accessori;
  • Beni necessari all'esercizio della propria professione;
  • Risarcimenti per danni fisico subito, ad esempio indennizzi assicurativi o pensione di invalidità;
  • Il ricavato della vendita di uno dei beni suddetti.

In caso di vendita di immobili o altri atti di amministrazione straordinaria, è necessario il consenso di entrambi gli sposi. In caso di disaccordo, sarà il giudice a decidere se l'atto voluto da uno solo dei coniugi è necessario all'interesse della famiglia o dell'azienda familiare.
Lo scioglimento della comunione dei beni si verifica nei casi di:

  • Morte di uno dei coniugi;
  • Annullamento del matrimonio, separazione, divorzio;
  • Decisione di entrambi i coniugi di cambiare il regime patrimoniale;
  • Fallimento di uno dei coniugi;
  • Separazione giudiziale dei beni.

Cosa è la separazione dei beni

Scegliere come regime patrimoniale la separazione dei beni vuol dire che ciascuno dei due sposi ha la proprietà esclusiva dei beni acquistati sia prima che dopo il matrimonio, anche se fruiti in comune. Egli ha quindi tutto il diritto di goderli o amministrarli, fermo restando l'obbligo di adempienza dei doveri sanciti dagli Articoli 143 e 147 del Codice Civile.
Il regime di separazione dei beni produce l'effetto di attribuire al coniuge che effettua l'acquisto ogni diritto sul bene, in via esclusiva: i patrimoni di marito e moglie restano quindi separati durante il matrimonio, salvi i diritti di successione.
Per ottenere la cointestazione di un bene, una volta optato per il regime di separazione, occorrerà esplicitamente dichiarare all'atto dell'acquisto tale volontà, specificando anche la quota di comproprietà.

La Dispensa Paolina

“I matrimoni misti, cioè i matrimoni contratti dalla parte cattolica con la parte non cattolica, sia battezzata che non battezzata, sono stati sempre oggetto della premurosa sollecitudine della Chiesa in forza del suo stesso mandato. Tale sollecitudine le è attualmente richiesta con più urgente insistenza, attese le speciali circostanze della nostra età. Mentre infatti in passato i cattolici vivevano divisi dai seguaci di altre confessioni cristiane e dai non cristiani anche in rapporto al luogo e al territorio, nei tempi a noi più vicini non solo siffatta separazione si è notevolmente attenuata, ma le stesse relazioni tra gli uomini di varie regioni e religioni hanno avuto un ampio sviluppo. Questo ha determinato un grande incremento numerico delle unioni miste. In tutto questo hanno anche influito la crescita e la diffusione della civiltà e dell'attività industriale, il fenomeno della urbanizzazione con il conseguente scadimento della vita in campagna, le migrazioni di massa e l'aumentato numero di profughi di ogni genere.

La Chiesa si rende conto che i matrimoni misti, proprio perché son conseguenza della diversità di religione e della divisione esistente tra i cristiani, non giovano ordinariamente, tranne alcuni casi, alla ricomposizione dell'unità tra tutti i cristiani. In realtà sono moltissime le difficoltà inerenti ad un matrimonio misto, in quanto esso introduce una specie di divisione nella cellula vivente della Chiesa, come giustamente è chiamata la famiglia cristiana, e a causa della diversità di vita religiosa rende più difficile nella stessa famiglia l'adempimento fedele dei precetti evangelici, specie per quanto riguarda la partecipazione al culto della Chiesa e l'educazione della prole.

Per tali motivi la Chiesa, con senso di responsabilità, sconsiglia di contrarre matrimoni misti, essendo suo vivo desiderio che i cattolici nella loro vita coniugale possano raggiungere una perfetta coesione spirituale e una piena comunione di vita. Ma poiché è un diritto naturale dell'uomo contrarre matrimonio e generare la prole, la Chiesa con le sue leggi, che dimostrano chiaramente la sua sollecitudine pastorale, provvede a regolare le cose in modo che da una parte sia garantito l'assoluto rispetto dei precetti di diritto divino, dall'altra sia tutelato il predetto diritto a contrarre matrimonio.
Essa segue anzitutto con vigile cura sia l'educazione dei giovani e la loro capacità ad assumersi responsabilmente i propri doveri ed a svolgere le lοrο funzioni nella Chiesa, sia la preparazione dei nubendi, che hanno intenzione di contrarre un matrimonio misto, sia l'opera da rivolgere a cοlοrο che han già contratto tale matrimonio. Ed anche se nel caso di persone battezzate, ma di diversa confessione religiosa, minore è il pericolo che esse diventino indifferenti in materia di religione, tuttavia tale pericolo sarà più facilmente evitato se i due coniugi, pur uniti in matrimonio misto, conosceranno a fondo l'indole cristiana della società coniugale e saranno perciò opportunamente aiutati dalle autorità ecclesiastiche. a cui appartengono. Anche le stesse difficoltà, sorte eventualmente tra coniuge cattolico e coniuge non battezzato, potranno essere superate grazie alla vigilanza ed allo zelo dei pastori.

La Chiesa nοn mette sullo stesso piano, né in sede dottrinale né in sede canonica, il matrimonio contratto da un coniuge cattolico con persona non cattolica battezzata e il matrimonio nel quale un coniuge cattolico si è unito con persona non battezzata. Difatti, secondo quanto ha dichiarato il Concilio Vaticano II, cοlοrο che, anche se non cattolici, credono in Cristo ed hanno debitamente ricevuto il battesimo, sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica (Cf Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 3: AAS 57 (1965), p. 93; cf Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium: AAS 57 (1965), pp. 19-20). E quanto ai fedeli orientali battezzati al sacro fonte fuori della Chiesa cattolica, essi, anche se divisi dalla nostra comunione, hanno dei veri sacramenti nelle proprie chiese, soprattutto il Sacerdozio e l'Eucaristia che li unisce in maniera molto stretta con noi (Cf CONC. VAT. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, 13-18: AAS 57 (1965), pp. 100-104). Ciò significa che, nel caso di nozze tra battezzati - le quali sono un vero sacramento - si stabilisce una certa comunione di beni spirituali, che invece manca nel matrimonio contratto da coniugi, dei quali uno è battezzato, l'altro è privo di battesimo.

Ciononostante non bisogna ignorare le difficoltà, che ci sono anche nei matrimoni misti tra battezzati. Spesso infatti questi hanno opinioni contrastanti intorno alla natura sacramentale del matrimonio ed al peculiare significato delle nozze celebrate in Chiesa, intorno all'interpretazione da dare ad alcuni principi morali attinenti al matrimonio e alla famiglia, intorno all'esatta estensione dell'obbedienza dovuta alla Chiesa cattolica ed alla sfera di competenza che è propria dell'autorità ecclesiastica. Da ciò si comprende che solo quando sarà ricomposta l'unità dei cristiani, si potranno risolvere completamente tali difficili questioni.

Pertanto i fedeli debbono essere esattamente informati che la Chiesa, anche se in casi particolari allenta un po' il vincolo della disciplina ecclesiastica, non può mai però sopprimere l'obbligo della parte cattolica, il quale viene imposto, secondo le varie circostanze, per legge divina, cioè in forza dello stesso piano salvifico stabilito da Cristo.
I fedeli dunque debbono essere avvertiti che è preciso dovere del coniuge cattolico conservare la propria fede, per cui non gli sarà mai lecito esporsi al pericolo prossimo di perderla.
Inoltre nei matrimoni misti la parte cattolica ha l'obbligo nοn solo di perseverare nella fede, ma anche di provvedere, in quanto è possibile, perché la prole sia battezzata e sia educata nella stessa sua fede e possa ricevere tutti i mezzi per l'eterna salvezza, che la Chiesa cattolica mette a disposizione del suoi figli.
Per quanto poi riguarda l'educazione della prole, dato che entrambi i coniugi hanno questo dovere e non possono assolutamente ignorarlo in tutte le obbligazioni morali che esso comporta, il problema è veramente difficile; la Chiesa tuttavia, come per gli altri problemi, cerca di risolverlo con le sue leggi e con la sua azione pastorale.

Tenendo ben presenti queste considerazioni, nessuno certo si meraviglierà che anche la disciplina canonica dei matrimoni misti non possa essere uniforme e debba essere invece adattata ai vari casi e circostanze, per quanto concerne sia la forma giuridica in cui si contrae il matrimonio, sia la sua celebrazione liturgica, sia infine l'assistenza pastorale da prestare ai coniugi ed ai figli nati nel matrimonio, secondo le varie condizioni del coniugi o i diversi gradi della loro comunione ecclesiale.
Era sommamente conveniente che a tali questioni tanto gravi ed importanti dedicasse le sue cure sollecite il Concilio Ecumenico Vaticano II. E ciò realmente si è più volte verificato, presentandosene l'occasione; i Padri anzi, nella terza sessione del Concilio, formularono un loro voto, con il quale demandarono a Noi la questione nel suo intero complesso.
Appunto per soddisfare a questo voto, la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede in data 18 marzo 1966 promulgò l'Istruzione sui matrimoni misti Matrimonii sacramentum (Cf AAS 58 (1966), pp235-239), nella quale si prevedeva che le norme, in essa stabilite, qualora si fossero dimostrate positive alla luce dell'esperienza, sarebbero state inserite in maniera chiara e precisa nel Codice di Diritto Canonico, di cui si sta ora curando la revisione (Cf ibid., l.c., p. 237).
Ma poiché nella prima Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, celebrata nell'ottobre del 1967, furono proposte alcune questioni relative ai matrimoni misti, per le quali i Padri presentarono numerose e opportune osservazioni (Cf Argumenta de quibus disceptabitur in primo generali coetu Synodi Episcoporum. Pars altera, Typis Polyglottis Vaticanis, 1967, pp. 27-37), Noi ritenemmo conveniente sottoporle all'esame di una speciale Commissione Cardinalizia, che con diligente premura Ci ha poi comunicato le sue conclusioni.

Diciamo subito che alle norme, che Noi stiamo per stabilire con questa Lettera non sono soggetti i cattolici orientali, che contraggono matrimonio con battezzati acattolici o con non battezzati. Per quanto invece riguarda i matrimoni dei cattolici di qualsiasi rito con i cristiani orientali non cattolici, la Chiesa ha già emanato in tempo recente alcune norme (Cf CONC. VAT. II, Decr. sulle Chiese Cattoliche Orientali Orientalium Ecclesiarum, 18: AAS 57 (1965), p. 82: S. CONGR. PER LE CHIESE ORIENTALI, Decr. Crescens matrimoniorum: AAS 59 (1967). pp. 165-166), cui vogliamo conservare il loro valore.
Noi pertanto, nell'intento di perfezionare la disciplina ecclesiastica intorno ai matrimoni misti e di fare in modo che le leggi canoniche, salvi i precetti della legge divina, rispondano alle varie condizioni dei coniugi, secondo il parere espresso dal Concilio Vaticano II, specialmente nel decreto Unitatis redintegratio (AAS 57 (1965), pp. 90-112) e nella Dichiarazione Dignitatis humanae (AAS 58 (1966), pp. 929-946); considerando parimenti i voti presentati nel Sinodo dei Vescovi, di Nostra autorità e dopo matura riflessione stabiliamo e fissiamo le norme che seguono:

  • Il matrimonio tra due persone battezzate, di cui una sia cattolica e l'altra non cattolica, costituendo di per sé un ostacolo alla completa fusione spirituale tra i coniugi, non è lecitamente contratto senza previa dispensa dell'Ordinario del luogo.
  • Il matrimonio tra due persone, di cui una sia stata battezzata nella Chiesa cattolica, o in questa accolta, e l'altra non battezzata, è invalido se contratto senza previa dispensa dell'Ordinario del luogo.
  • Dai suddetti impedimenti la Chiesa, tenuto conto delle condizioni e delle circostanze di tempo, di luogo e di persona, non si rifiuta di dispensare, sempre che ci sia giusta causa.
  • Per ottenere dall'Ordinario del luogo la dispensa dall'impedimento, la parte cattolica deve dichiararsi disposta ad allontanare da sé il pericolo di perdere la fede. Essa inoltre ha l'obbligo grave di formulare la promessa sincera che farà tutto quanto sarà in suo potere, perché tutta la prole sia battezzata ed educata nella Chiesa cattolica.
  • Di tali promesse, a cui è tenuta la parte cattolica, dovrà essere tempestivamente informata la parte non cattolica, in modo tale che risulti chiaro che questa è consapevole della promessa e dell'obbligo della parte cattolica.
  • Ad entrambe le parti siano illustrate le finalità e le proprietà essenziali del matrimonio, che nessuno dei due contraenti dovrà escludere.
  • È compito della Conferenza Episcopale, secondo la propria competenza territoriale, stabilire il modo in cui queste dichiarazioni e promesse, necessarie in ogni caso, dovranno essere fatte, se soltanto a voce, se anche per iscritto, se in presenza di testimoni; determinare poi come esse debbano risultare in foro esterno ed essere portate a conoscenza della parte acattolica; precisare infine se siano da richiedere, a seconda dei casi, altre condizioni.
  • I matrimoni misti devono essere contratti secondo la forma canonica, e ciò è condizione richiesta per la loro validità, salva la prescrizione del Decreto Crescens matrimoniorum, emanato dalla Sacra Congregazione per le Chiese Orientali il 22 febbraio 1967 (AAS 59 (1967), p. 166).
  • Se ci sono difficoltà gravi che impediscano l'osservanza della forma canonica, gli Ordinari del luogo hanno il diritto di dispensare dalla forma canonica per il matrimonio misto; ma è compito della Conferenza Episcopale stabilire le norme, secondo le quali la predetta dispensa viene uniformemente e lecitamente concessa nella rispettiva regione o territorio, procurando che ci sia sempre una celebrazione in forma pubblica.
  • Bisogna fare in modo che tutti i matrimoni validamente contratti siano diligentemente registrati nei libri, prescritti dal diritto canonico. I pastori d'anime procurino che anche i ministri acattolici collaborino inserendo nei loro libri la registrazione delle nozze con la parte cattolica.
    Le Conferenze Episcopali vedano di esaminare le norme atte a determinare, nella loro regione o territorio, il modo uniforme con cui, dopo l'ottenuta dispensa dalla forma canonica, dovrà risultare nei libri, prescritti dal diritto canonico, il matrimonio pubblicamente celebrato.
  • Quanto alla forma liturgica per la celebrazione dei matrimoni misti, nel caso che debba essere presa dal Rituale Romano, si dovranno seguire i riti dell'«Ordo» per la celebrazione del Matrimonio, promulgato per Nostra disposizione; e ciò sia quando il matrimonio avviene tra una parte cattolica e una parte battezzata non cattolica (nn. 39-54), sia quando il matrimonio avviene tra una parte cattolica e una parte non battezzata (nn. 35-66). in particolari circostanze, nel matrimonio tra parte cattolica e parte battezzata non cattolica, potranno esser seguiti, dietro consenso dell'Ordinario del lungo, i riti del matrimonio durante la Messa (nn. 19-38), osservando per ciò che riguarda la Comunione Eucaristica le prescrizioni della legge generale.
  • Le Conferenze Episcopali informino la Sede Apostolica di tutte le decisioni che, secondo la loro competenza, prenderanno in materia di matrimoni misti.
  • È proibita la celebrazione del matrimonio dinanzi al sacerdote, o al diacono cattolico, e al ministro acattolico, che celebrino simultaneamente il rito rispettivo. È parimenti esclusa, sia prima che dopo la celebrazione cattolica, un'altra celebrazione religiosa del matrimonio per la formulazione o per il rinnovamento del consenso matrimoniale.
  • Gli Ordinari del luogo e i parroci procurino che non manchi mai al coniuge cattolico ed ai figli, nati da matrimonio misto, l'aiuto spirituale necessario per l'adempimento dei loro obblighi di coscienza; esortino lo stesso coniuge a tener sempre presente il dono divino della fede cattolica, dando di essa testimonianza con dolcezza e rispetto, forte della sua buona coscienza (Cf 1 Pt 3, 16); aiutino i coniugi nello sviluppo dell'unità della vita coniugale e familiare che, se sono entrambi cristiani, trova il suo fondamento anche nel loro battesimo. È pertanto auspicabile che i Pastori stabiliscano con i ministri delle altre comunità religiose opportune relazioni, informandole a sincera lealtà e illuminata fiducia.
  • Sono abrogate tutte le pene stabilite dal can. 2319 del CIC; per coloro però che sono già incorsi in tali pene, cessano i loro effetti giuridici, salvi restando gli obblighi, di cui si parla al n. 4 di queste norme.
  • L'Ordinario del luogo può concedere la sanazione in radice di un matrimonio misto, adempiendo alle condizioni, di cui ai nn. 4 e 5 delle presenti norme e osservando quanto il diritto stabilisce.
  • In caso di particolare difficoltà o di dubbio nell'applicazione di queste stesse norme, si ricorra alla Santa Sede.

Tutto quanto Noi abbiamo decretato con la presente Lettera, in forma di Motu proprio, ordiniamo che abbia piena validità e piena efficacia dal 1 ottobre dell'anno corrente, nonostante qualsiasi disposizione in contrario.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 31 marzo dell'anno 1970, settimo del Nostro Pontificato.
PAOLO PP. VI “


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